NEWS: SCREENING DSA

Da ottobre il Centro Polispecialistico Origame offre l’opportunità di effettuare uno screening di primo livello per evidenziare possibili fragilità o difficoltà nelle abilità scolastiche.

Questo servizio è rivolto ai bambini che frequentano la scuola primaria e ha un costo di 80€.

Per maggiori informazioni e per prenotare un appuntamento:

tel. 3383958123 oppure mail: [email protected] www.origamepsicologimilano.it

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Il mutismo selettivo: parole intrappolate in gola

Il mutismo selettivo è un disturbo d’ansia che blocca l’uso della parola nonostante la produzione e la comprensione verbale siano nella norma. Si può manifestare a partire dai 3 anni di età, periodo in cui i bambini iniziano a frequentare nuovi contesti, come la scuola materna, e nuove persone. È caratterizzato da una forte inibizione verbale in alcuni specifici contesti vissuti dal bambino come particolarmente minacciosi o con determinate persone, adulti o pari.

 

Come si comporta il bambino muto selettivo?
Spesso il bambino muto selettivo viene etichettato come un bambino timido, ma non si tratta di timidezza. Il bambino solitamente è estremamente spaventato di fronte a situazioni nuove o a persone che non ha mai incontrato. Prova così tanta paura che, sebbene abbia desiderio di parlare, le paroline non gli escono dalla bocca e manifesta una forte rigidità motoria accompagnata da inespressività del volto. Alcune volte il blocco della parola non gli consente di usare forme di comunicazione alternative, altre volte il bambino riesce comunque ad avere buone interazioni “mute”. Si tratta di un bambino molto sensibile che, per quanto sembri assente, è in grado di cogliere ogni dettaglio di ciò che accade intorno a sé. È un bambino preoccupato del giudizio degli altri che a volte si fa carico di colpe che non lo riguardano (“la maestra ha alzato la voce perché era arrabbiata con me”).

 
Come riconoscerlo?
Per i genitori è molto difficile accorgersi del disturbo perché in casa, o in ambienti percepiti come rassicuranti e familiari, il bambino è spesso un “chiacchierone”. Sono gli insegnanti della scuola materna ad avere il ruolo fondamentale di segnalatori della difficoltà del bambino alla famiglia. Sebbene i genitori spesso siano increduli di fronte ad un’immagine del proprio bambino così distante dalla loro, è importante da parte della scuola accompagnarli verso un percorso di diagnosi e trattamento del disturbo.
IL DSM- 5 fornisce i seguenti criteri diagnostici per individuare un bambino con mutismo sele1. Il bambino non parla in determinati luoghi, come la scuola o altre situazioni sociali.
2. Il bambino parla normalmente nelle situazioni in cui si trova a proprio agio come a casa,
sebbene alcuni bambini possano essere muti anche tra le mura domestiche.
3. L’incapacità del bambino di parlare interferisce con la sua capacità di “funzionare” nel
contesto scolastico e/o nelle situazioni sociali.
4. Il mutismo dura da almeno un mese.
5. Non sono presenti disturbi della comunicazione (come la balbuzie) o disturbi mentali
(come autismo, schizofrenia, ritardo mentale).

 
Cosa devono fare i genitori?
La diagnosi precoce è lo strumento più efficace per una rapida risoluzione del problema.
I genitori, non appena ricevono una segnalazione di forte chiusura del proprio bambino da parte della scuola materna, o non appena notano una discrepanza tra il suo comportamento verbale in casa e fuori casa, devono recarsi da uno specialista che si occupa di mutismo selettivo. Il compito dello specialista sarà quello di attivare una buona collaborazione con la famiglia e con il sistema scolastico così da lavorare in rete per una veloce risoluzione del problema. Ciascun attore implicato nel processo di cura del disturbo d’ansia sarà coinvolto a 360° e, soprattutto i genitori, saranno chiamati a mettersi in gioco anche attraverso un lavoro su di sé come singoli e come coppia genitoriale.

Una volta confermata la diagnosi di mutismo selettivo è importante che i genitori adottino un atteggiamento comprensivo e accogliente nei confronti del bambino che non RIESCE (ma vorrebbe) a parlare ed è paralizzato dall’ansia:
non forzare MAI il bambino a parlare
non ricattarlo con premi particolarmente desiderati (“se parli ti compro quel gioco…”; “se
dici ciao alla nonna domani puoi non andare a scuola”)
non punirlo di fronte al suo silenzio
non eccedere con le manifestazioni di gioia di fronte a nuove interazioni verbali
non farlo sentire in colpa (“se continui a non parlare la mamma non sa più come fare..”)
spiegare, con parole commisurate all’età, che cos’è il mutismo selettivo
– far sentire comprensione e fiducia nelle capacità del bambino
– creare il più possibile un clima rassicurante dove siano presenti un numero gestibile di
stimoli ansiogeni
condividere con il bambino nuove sfide e obiettivi considerando i suoi tempi e le sue paure
favorire l’autonomia attraverso piccoli compiti che siano in grado di farlo sentire sicuro e
capace
favorire la socializzazione invitando a casa (ambiente sicuro e familiare) i bambini con cui
interagisce a livello non verbale più spesso.

 

Cosa deve fare la scuola?
Trascorso il primo mese di scuola, dell’infanzia o primaria, e riscontrata una prevalente chiusura verbale del bambino, gli insegnanti devono segnalare la difficoltà ai genitori.
Come comportarsi in classe:
creare il più possibile un clima disteso in cui il bambino non si senta sotto pressione o
forzato a parlare
permettere al bambino di utilizzare forme di comunicazione alternative (alzare la mano,
scrivere su un foglio..)
– non creare situazioni in cui tutti i bambini devono obbligatoriamente parlare ma lasciare
loro libera la scelta di intervenire
non fare domande dirette al bambino
non trattare il bambino come se fosse invisibile o assente, ma coinvolgerlo sempre anche con
piccoli compiti quotidiani
– in caso di interrogazioni orali accontentarsi di registrazioni vocali prodotte a casa

 

Per tutte le persone che ruotano intorno ad un bambino muto selettivo è fondamentale avere
pazienza e fiducia. Il processo di risoluzione è spesso lento e graduale perché rispetta i tempi
del bambino. Aspettare e sperare che “tutto ad un tratto” il bambino parlerà non è la soluzione.

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NEWS: Certificazione DSA

È con grande soddisfazione che vi comunichiamo che lo Studio di Psicologia Origame è stato inserito nella lista delle équipe di professionisti autorizzati dall’ATS della Lombardia a effettuare la prima certificazione diagnostica dei Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) valida ai fini scolastici.

La nostra équipe è composta da:
✔️Psicologhe specializzate nella psicopatologia dell’apprendimento (dott.ssa Laura Benini e dott.ssa Margherita Pagani)
✔️Logopedista (dott.ssa Sofia Nicolella)
✔️Neuropsichiatra infantile (dott.ssa Ombretta Monetti)

–> L’offerta dei nostri servizi si amplia: da oggi potrai rivolgerti a noi per avere una diagnosi chiara e una certificazione in tempi rapidi.

I nostri professionisti sono a disposizione per rispondere alle tue domande. Per informazioni sulle modalità e sui costi non esitare a contattarci:
✉️[email protected]
📞3383958123

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I DSA rappresentano una condizione clinica evolutiva di difficoltà di apprendimento della lettura, della scrittura e del calcolo che si manifesta con l’inizio della scolarizzazione.
Si tratta di disturbi che coinvolgono uno specifico dominio di abilità, lasciando intatto il funzionamento intellettivo generale. Essi infatti interessano le competenze strumentali degli apprendimenti scolastici.
La famiglia che rileva difficoltà nel percorso di apprendimento del figlio, può confrontarsi con la scuola e/o con il pediatra e decidere di richiedere una valutazione clinica per accertare eventuale presenza di DSA: per farlo dovrà quindi rivolgersi a professionisti autorizzati a redigere certificazioni DSA.

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B.E.S. e D.S.A. ….Facciamo chiarezza!

Da qualche anno chi frequenta la scuola (alunni, insegnanti, genitori) sente parlare di DSA, BES e altre sigle. Se questi acronimi sono chiari per gli addetti ai lavori, non sempre lo sono per le famiglie e, ancora meno, per i bambini.

Quindi…facciamo chiarezza.

 

  • Che cosa significa D.S.A.?

 

La sigla D.S.A. indica il “Disturbo Specifico dell’Apprendimento”.

Sono necessarie due precisazioni:

  • Il termine “Disturbo” distingue il D.S.A. dalla semplice “Difficoltà di Apprendimento” e cioè l’insieme di tutte quelle difficoltà che gli alunni possono incontrare durante certi periodi della loro carriera scolastica;
  • Il termine “Specifico” lo differenzia dai “Disturbi Aspecifici”, quindi dai ritardi nell’apprendimento causati da variabili affettivo – relazionali, difficoltà di attenzione, instabilità e inibizione psicomotoria.

I D.S.A. sono invece una categoria diagnostica relativa a disturbi evolutivi specifici di apprendimento che appartengono ai disturbi del neurosviluppo, che riguarda i disturbi delle abilità scolastiche, ossia dislessia, disortografia, disgrafia, discalculia.

I D.S.A. sono disturbi che coinvolgono uno specifico dominio di abilità (lettura, scrittura o calcolo) lasciando intatto il funzionamento intellettivo generale. Interessano quindi le competenze strumentali degli apprendimenti scolastici.

È importante ricordare che:

– Si manifestano in soggetti normodotati, che hanno cioè un quoziente di intelligenza nella norma;

– Sono di origine genetica e non sono facilmente diagnosticabili prima dell’età scolare;

– Hanno carattere evolutivo, cioè si evolvono nell’arco della vita;

– Potrebbero essere accompagnati da manifestazioni problematiche quali lo sviluppo di fragilità nella sfera emotiva psicologica e relazionale.

 

I Disturbi Specifici dell’Apprendimento sono quattro e possono essere presenti o singolarmente, o associati tra di loro. Eccoli spiegati brevemente:

Dislessia: è un disturbo della lettura che riguarda la decodifica e comporta una difficoltà nell’accuratezza della lettura delle parole, incide sulla velocità e sulla fluenza della lettura e compromette anche la comprensione del testo. In base alla gravità del disturbo l’anomalia della lettura interferisce in modo significativo con l’apprendimento e con le attività della vita quotidiana che richiedono capacità di lettura;

Disturbo dell’espressione scritta suddivisibile in:

Disortografia (disturbo della scrittura che comporta uno scarso controllo ortografico);

Disgrafia (disturbo che riguarda specificatamente la realizzazione grafica in assenza di disturbi della coordinazione motoria);

Discalculia è un disturbo che riguarda l’area matematica e che implica difficoltà ad apprendere la lettura, scrittura e ripetizione dei numeri e la loro manipolazione.

Nel 2010 è stata emanata una legge, la 170/2010, che, oltre a riconoscere l’esistenza dei disturbi, ne regolamenta le modalità diagnostiche, tutela il diritto allo studio dei ragazzi con D.S.A. e dà alla scuola un’opportunità per riflettere sulle metodologie da mettere in atto per favorire tutti gli studenti, dando spazio al loro vero potenziale in base alle loro peculiarità.

In base a ciò gli alunni con D.S.A. possono avvalersi dell’utilizzo di strumenti compensativi e misure dispensative per il raggiungimento degli obiettivi scolastici.

 

  • Che cosa significa B.E.S.?

 

L’acronimo B.E.S. (Bisogni Educativi Speciali) comparve già verso la fine degli anni ‘90 e veniva utilizzato per riferirsi a tutti gli alunni diversamente abili e a quegli studenti che “andavano male a scuola” e per uno svariato numero di ragioni non riuscivano ad ottenere un successo formativo ottimale.

Una normativa del 2012 ha reso più chiara la definizione di B.E.S:

“[…] i bisogni educativi speciali sono quelle particolari esigenze educative che possono manifestare gli alunni, anche solo per determinati periodi, per motivi fisici, biologici, fisiologici o anche per motivi psicologici, sociali, rispetto ai quali è necessario che le scuole offrano adeguata e personalizzata risposta

All’interno dei Bisogni Educativi Speciali, questa normativa individua 3 categorie:

  • Quella della disabilità, a cui afferiscono i ragazzi tutelati dalla legge 104/92;
  • I DSA, tutelati dalla legge 170/2010 (qui rientrano anche per la comune origine evolutiva ADHD e borderline cognitivi);
  • I ragazzi con svantaggio socioeconomico, linguistico e culturale;

Anche se non specificato nella normativa, rientrano nei B.E.S. anche altre categorie come i disturbi dell’umore e d’ansia, la plusdotazione intellettiva, i sopracitati Disturbi Aspecifici dell’Apprendimento.

È importante ricordare che non esiste la diagnosi di Bisogno Educativo Speciale, ma che quella di B.E.S. è una definizione pedagogica e non clinica molto utile alla scuola per mettere in campo tutte le strategie di inclusione scolastica necessarie per garantire l’individualità dell’offerta didattica per ogni alunno.

 

Riferimenti bibliografici e sitografici:

  • American Psychiatric Association, Biondi M. (a cura di) (2014), DSM 5. Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali. Quinta edizione. Raffaello Cortina, Milano
  • www.aiditalia.org
  • Lo Presti, G. (2015), Nostro figlio è dislessico. Manuale di autoaiuto per i genitori di bambini con DSA, Erickson, Trento
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