Le emozioni delle neomamme

Nei giorni e nei mesi successivi alla nascita di un bambino, l’attenzione di tutto il nucleo famigliare è concentrata sul nuovo arrivato. Come si sente? Ha mangiato abbastanza? Riesce a dormire un numero adeguato di ore?

E la mamma? Cosa prova? Ciò che spesso accade è la percezione di una differenza tra ciò che durante la gravidanza si è sentita dire o si è immaginata e ciò che si trova a provare dal momento che ha il suo piccolo tra le braccia.

Mentre tutta la famiglia è impegnata a manifestare la propria gioia e un certo senso di gratitudine, la mamma potrebbe trovarsi intrappolata in un sentimento di esclusione e di scarsa vicinanza affettiva in quanto impegnata ad affrontare non solo le gioie ma anche le fatiche che la nascita del bambino porta con sé.

Spesso non è facile condividere con il resto della famiglia i dubbi, le difficoltà e la stanchezza che si stanno provando, per timore che tali sentimenti non siano compresi poiché “non c’è niente di più bello del diventare mamma!”.

A ciò si potrebbe anche aggiungere la discrepanza tra la visione idealizzata della maternità e del post parto e ciò che invece poi ci si trova ad affrontare e a provare sulla propria pelle. Questo è un sentimento che accomuna la maggior parte delle donne.

 

Quali rimedi?

Il primo passo per non farsi travolgere da tutto ciò è prendere consapevolezza proprio di questi sentimenti negativi, che sono fisiologici.

Le ricerche ci dicono infatti che questa fase, caratterizzata da stanchezza, irritabilità, umore altalenante e sentimenti di ambivalenza nei confronti del bambino, accomuna l’80% delle neomamme (baby blues).

È una fase transitoria che, però, è opportuno non negare. Anzi, riconoscere l’esistenza di tali sentimenti e sensazioni è fondamentale per riuscire a elaborarli e, di conseguenza, superarli.

In seconda battuta risulta fondamentale non sminuire le sensazioni positive che la gravidanza e l’essere mamma portano con sé. È importante soffermarsi su quelle che possono essere delle piccole gioie, come sentire il bambino che si muove mentre si è in gravidanza o vederlo dormire tranquillo.

Non negare le sensazioni negative e imparare a riconoscere anche gli aspetti che ci gratificano e che ci permettono di alleggerire quanto stiamo vivendo, è un ottimo modo per colmare l’ambivalenza tipica di questo periodo che è il più denso di emozioni altalenanti che una donna si trova a vivere.

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“Litigare bene”: un ossimoro o una possibilità?

Quante volte capita di litigare con il proprio/la propria partner e che la discussione degeneri e finisca in urla, incomprensioni e sofferenza? Esiste un modo per litigare in maniera costruttiva?

Innanzitutto soffermiamoci sulle modalità disfunzionali e distruttive di gestione del conflitto, che sono proprio quelle che, spesso, ci portano all’incomunicabilità e alle difficoltà nella relazione.

  1. La prima modalità distruttiva che si può mettere in atto è il RITIRO, cioè lasciare la stanza in cui si sta discutendo, oppure scegliere il MUTISMO. Questa modalità si riscontra in tantissime coppie, uno incalza e l’altro fa “muro di gomma”. Attenzione! Utilizzare questa modalità può portare a comportamenti che si consolidano nel tempo e diventerà sempre più difficile adottare nuove strategie.
  2. Un’altra modalità è l’EVITAMENTO cioè essere riluttanti a intraprendere discussioni che possano avere risvolti conflittuali, cioè evitare le discussioni. Anche in questo caso protrarre questo tipo di comportamento può lasciare aperte una serie di questioni che prima o poi riemergeranno. Nella coppia si può evitare il problema, ma non la relazione!
  3. L’ ESCALATION è un atteggiamento per cui si verifica una reazione simmetrica crescente in relazione ai commenti e ai comportamenti negativi del partner. Si urla, ci sono minacce di andarsene e piano piano si perde il controllo della lite e, soprattutto, il contenuto iniziale. Anche in questo caso, è un comportamento che appartiene a tutte le coppie, quindi non bisogna colpevolizzarsi eccessivamente: l’importante è che non venga messo in atto costantemente.
  4. La SVALUTAZIONE è uno dei comportamenti più insidiosi: svalutare costantemente l’altro, ciò che fa, ciò che pensa e ciò che prova magari con la convinzione di stare aiutando il partner.
  5. L’ultima modalità distruttiva e il culmine in assoluto del conflitto è, infine, la VIOLENZA FISICA.

 

LE REGOLE PER UNA COMUNICAZIONE EFFICACE

Gestire un conflitto in maniera funzionale, invece, significa:

  • NEGOZIARE
  • RAGGIUNGERE COMPROMESSI
  • TENTARE ATTI DI RICONCILIAZIONE
  • ALLE VOLTE ACCONDISCENDERE
  • SOPPORTARE

Come raggiungere questi obiettivi? Vediamo alcune regole che aiutano a mettere in atto queste modalità funzionali di gestione del conflitto. Vale davvero la pena impararle e metterle in pratica perché LITIGARE BENE E’ POSSIBILE.

  1. OCCHIO ALL’USO DEI PRONOMI PERSONALI

Utilizzare l’espressione “Tu” innesca nel partner un meccanismo di difesa ad un attacco (tu non sei, tu non fai, tu non dici!!…). Utilizzando “Io” come soggetto, invece, si legittimano emozioni e sentimenti: “Io mi sento, io ho bisogno…”. Se il partner non sente di doversi difendere, poiché non è sotto attacco, sarà più predisposto all’ascolto. Dire TU MI FERISCI o IO MI SENTO FERITA/O può fare la differenza.

  1. ATTENZIONE ALL’EFFETTO MACCHIA D’OLIO

Questo è noto a tutte le coppie: quando si litiga l’oggetto del contendere si allarga come una macchia d’olio, da un ritardo all’appuntamento di dieci minuti si degenera perdendo di vista il focus della discussione. E’ importante rimanere sul qui e ora per evitare esiti disastrosi.

  1. TIME OUT

Significa fermarsi, prendere del tempo, quando capiamo che il conflitto sta montando. Con questo accorgimento proteggiamo noi stessi, l’altro e la relazione. È diverso dall’evitamento perché con il time out è importante concordare con il partner un momento non troppo distante ma neanche troppo ravvicinato in cui riaffrontare l’argomento. Non temiate di riaffrontare questioni lasciate in sospeso in momenti in cui siete rilassati e felici: sono ottime occasioni per guardare al problema con mente lucida e da un’altra prospettiva che non eravate riusciti a considerare.

  1. ASCOLTARE ATTIVAMENTE

Non è banale, quante volte ascoltiamo l’altro con l’intenzione di comprenderlo veramente?

  1. FARE DOMANDE APERTE

Le domande aperte costruiscono la comunicazione perché non si può rispondere sì o no, inoltre permettono all’altro di articolare il suo punto di vista.

 

Riferimenti bibliografici:
  • Bertoni A., Bevilacqua B., Ma mi stai ascoltando? Comunicazione e conflitti nella coppia, San Paolo Edizioni (2014)
  • Nardone G., Correggimi se sbaglio. Strategie di comunicazione per appianare i conflitti nelle relazioni di coppia, Ponte alle Grazie Editore (2013)
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