BIMBI ED EMOZIONI

Molti conoscono l’importanza delle regole per i bambini. Le regole aiutano i più piccoli a dare un senso al mondo che li circonda, a discernere il giusto dallo sbagliato, a proteggere e a far sentire al sicuro, ad accompagnare alla crescita, all’autonomia fino al debutto nella società. 

In pochi, però, riconoscono il ruolo fondamentale delle regole per uno sviluppo emotivo armonico del bambino. Le regole infatti, per quanto faticose, aiutano anche a stare bene.

Essere felici vuol dire “stare bene”?

Un piccolo spunto per riflettere insieme… 

Osserva le fotografie. Quali sono i bambini che sembrano “stare bene emotivamente”?

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La grande maggioranza delle persone risponderà i bambini delle fotografie numero 3 e 4. 

Oggigiorno l’idea di benessere è associata alla felicità: stiamo bene se siamo felici. In realtà, un bambino che sta bene emotivamente, è un bambino le cui reazioni emotive sono in linea con lo stimolo che le attiva. Ogni reazione è la conseguenza ad uno stimolo mediata dai vissuti emotivi e, man mano che si cresce, anche dalla valutazione cognitiva. Il pianto di un bambino piccolo di fronte al genitore che gli toglie il tablet (fotografia n.2), privandolo così di qualcosa che procura piacere e divertimento, è un pianto giustificato perché in reazione a qualcosa di sgradevole per lui. Gli eccessi d’ira, come il buttarsi per terra, agitarsi e piangere disperatamente, sono tipici dei bambini fino ai 3-4 anni ma poi, con lo sviluppo del linguaggio e la maturazione cognitiva, gli “agiti” lasciano il posto “alla parola”. Il pianto disperato di un bambino più grandicello che si trova a vivere la stessa situazione potrebbe essere, invece, una reazione smisurata e poco equilibrata in quanto ci si aspetterebbe da lui una reazione più controllata e mediata dalle competenze acquisite con la crescita.

Anche ridere e gioire per riuscire ad andare in bicicletta senza appoggiare i piedi sui pedali (fotografia n.4) può essere una reazione sana ed equilibrata! Ci è impossibile, invece, riconoscere e identificare come bambini equilibrati o poco equilibrati emotivamente, i bambini delle altre fotografie in quanto non conosciamo gli eventi che hanno scaturito le loro reazioni emotive.

I campanelli d’allarme

Molteplici sono le funzioni delle emozioni. Tra tutte, la più importante è quella di segnalare che si è verificato un cambiamento dello stato del mondo interno o esterno. L’emozione è un “campanello d’allarme”, avvisa della rottura di un equilibrio interno e spinge l’uomo ad agire per raggiungere il proprio obiettivo e quindi lo stato di benessere. La paura ci protegge dai possibili pericoli, la rabbia ci spinge all’autodifesa, la sorpresa all’esplorazione, la gioia all’affiliazione… le emozioni ci garantiscono l’adattamento e la sopravvivenza!

Le emozioni sono anche i motivatori dei nostri comportamenti e i facilitatori delle nostre relazioni: comunicando all’altro il nostro stato affettivo, permettono a chi ci sta accanto di prevedere il nostro comportamento.

La famiglia come “palestra emotiva”

La famiglia è un contesto protetto e sicuro in cui poter fare esperienza di un ampio ventaglio di vissuti, anche i più “spiacevoli”.

I “no” dei genitori offrono al bambino la possibilità di conoscere anche le emozioni “sgradevoli” (quali rabbia, tristezza e frustrazione) e quindi di iniziare a comprenderle e a “digerirle”. La famiglia è una “palestra emotiva”, un contesto protetto e sicuro, che ha il compito di allenare il bambino a esperire anche tali emozioni per aiutarlo a far pratica e a individuare strategie funzionali per farvi fronte; solo così, infatti, un domani il bambino sarà pronto a gestire il proprio mondo emotivo anche nei contesti meno familiari, ad esempio la scuola. 

L’esperienza aiuta a crescere e a prepararsi per affrontare il mondo!

Di fronte ad un divieto imposto dai genitori, le esperienze precedenti porteranno il bambino, nel corso del tempo, a capire che alcune reazioni, quali urlare e battere i piedi, non servono a ottenere ciò che desidera. Se una situazione simile si ripresenterà a scuola, il bambino prima di tutto sarà in grado di riconoscere che il vissuto emotivo è simile a qualcosa di già provato, di non pericoloso perchè passeggero e sopportabile; successivamente, anche grazie allo sviluppo cognitivo, capirà quali strategie mettere in atto per farvi fronte in base alle esperienze pregresse.

Le emozioni spiacevoli attivano e promuovono numerose skills: 

  • il pensiero critico (l’abilità di saper analizzare le informazioni, le situazioni ed esperienze in modo oggettivo, distinguendo la realtà dalle proprie impressioni e pregiudizi);
  • la gestione dello stress (riconoscere il proprio stato di stress e intervenire per modificare lo stato in cui si è, agendo sull’ambiente oppure sui propri pensieri, emozioni e reazioni abituali); 
  • il problem solving (l’abilità di saper rispondere nel miglior modo possibile a una determinata situazione critica); 
  • il pensiero creativo (trovare alternative originali nelle situazioni difficili o in situazioni nuove e sconosciute).  

Tollerare la sofferenza e il dispiacere dei figli è un compito difficile per i genitori; spesso suscita sensi di colpa e sentimenti di inadeguatezza. Se però giustificata e finalizzata a tenere i più piccoli al sicuro, è importante ricordare che un bambino che non ha mai provato rabbia o tristezza non è un bambino che sta bene, ma è un bambino impreparato ad affrontare la vita reale e il confronto con se stesso e con l’altro. Il bambino che sta bene, invece, avendo sperimentato molteplici emozioni, non si spaventa di fronte alla rabbia o alla tristezza, non si “disintegra” perché sa di poterle affrontare trovando risorse in sé.

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I bambini e il Covid-19: linee guida per i genitori

Il 23 febbraio 2020 a Milano e in altre città il tempo si è fermato. Ci hanno chiesto, con provvedimenti via via più restrittivi, di rinunciare alle libertà di cui avevamo goduto dalla nascita e che avevamo sempre dato per scontate. Ad inizio marzo le limitazioni sono state estese a tutta Italia e abbiamo iniziato ad interrogarci sulla tenuta economica, sui risvolti sociali e psicologici, abbiamo cominciato ad indossare mascherine e guanti, a fare la fila per entrare in un supermercato e a chiederci quando e se riavremmo avuto indietro la nostra vita.

Con il passare dei giorni chi è anche genitore ha iniziato a guardare i propri figli e a chiedersi che cosa gli stesse passando per la testa, come comunicare con loro, come spiegargli che cosa stava succedendo.

Anche i bambini sono protagonisti di ciò che accade in questi giorni e non solo spettatori.

Anche i bambini si sono trovati da un momento all’altro rinchiusi in casa, con una programmazione della giornata completamente nuova e diversa da quella che avevano prima, con molto tempo da passare con i loro genitori e nessuno spazio di gioco con i loro amici, nessuna possibilità di incontro con i loro nonni, i loro zii, i loro cugini.

I genitori hanno iniziato a chiedersi e a chiederci: quali saranno le conseguenze sui miei figli? Che cosa posso fare per aiutarli in questo periodo? Che cosa succederà dopo?

Quali strumenti possono avere i genitori per essere loro in prima linea a gestire le emozioni dei loro figli?

Lo scenario attuale

Nessuno poteva ipotizzare ciò che stiamo vivendo. I bambini si sono ritrovati di fronte ad un isolamento forzato, con una richiesta di autonomia e responsabilità altissima rispetto a quella a cui erano preparati:  abbiamo chiesto loro di occuparsi della sopravvivenza. Gli abbiamo chiesto di proteggere l’umanità oltre che se stessi. Le informazioni a cui sono stati esposti sono molto allarmanti: all’improvviso sentono parlare mamma e papà di contagio, contaminazione, morte, malattia. E vedono i loro genitori, che sono gli unici modelli di rispecchiamento emotivo disponibili in questo periodo, spaventati, allarmati, disarmati.

I bimbi, per la loro struttura mentale, necessitano di rispecchiamento emotivo multiplo poiché riescono a leggersi meglio rispecchiandosi con gli altri e, all’improvviso, sono stati privati di relazioni che prima erano significative, amici, maestre, nonni. Nonni che magari sono anche venuti a mancare a causa del virus.

I bambini sono soggetti abitudinari, che attraverso la routine riescono a prevedere. I loro programmi si sono interrotti da un momento all’altro, hanno perso la routine. Le loro giornate, prima molto strutturate, ora sono lente, imprevedibili e i genitori, anche se ci sono, non sono sempre disponibili. Inoltre, i bambini non hanno una visione del tempo uguale all’adulto, per orientarsi hanno bisogno di riferimenti precisi: la fine della giornata, il weekend, le vacanze estive. Ora non hanno elementi che li aiutino a prevedere la fine, gliela stiamo promettendo ma è molto difficile per loro immaginarsela.

È chiaro che trovarsi a vivere uno scenario di questo tipo li faccia sentire totalmente persi.

Le emozioni in gioco

È innegabile che in questo periodo molti bambini stiano vivendo una situazione piacevole, perché si sono ritrovati a casa con i genitori e hanno messo da parte le sensazioni di disagio che erano causate dall’andare a scuola o dallo svolgimento di altre attività (un’attività sportiva poco gradita, il catechismo vissuto come un obbligo faticoso, la relazione burrascosa con il compagno di banco, la lezione di musica fatta controvoglia…). È altrettanto vero, purtroppo, che tanti bambini che trovavano nella scuola e nelle relazioni fuori casa un appiglio salvifico, si trovino ora a convivere con i propri carnefici, in situazioni di grande disagio e sofferenza.

Qualunque sia la condizione abitativa, il ventaglio di emozioni che si presenta nei nostri bambini è variegato, e nel corso delle settimane si è ulteriormente articolato. Nella prima fase può esserci stata gioia, entusiasmo (finalmente vacanza!), il non dover più andare a scuola, il non dover più separarsi dai genitori… pian piano si sono presentate, però, anche paura, angoscia, ansia, rabbia, delusione (mamma e papà devono lavorare), frustrazione, noia, inadeguatezza, incomprensione.

Ora stiamo entrando nella cosiddetta “fase 2” e possiamo aspettarci altrettante emozioni quando, ad un certo punto, la porta di casa si aprirà: potrebbe arrivare l’ansia da contaminazione, l’idea di non essere più protetti, il timore di ammalarsi, di far ammalare, l’ansia da separazione, un’elevata sensibilità al giudizio (devo riconfrontarmi con diversi altri soggetti, non più solo con mamma e papà), molta eccitazione, diffidenza, depressione, apatia, senso di vuoto, smarrimento.

I genitori ci raccontano di alti e bassi, parlano di regressioni. Ma davvero possiamo chiamare regressioni l’unico modo che i nostri figli hanno di esternare le proprie emozioni e per chiederci aiuto, farsi sentire, chiedere protezione e rassicurazione? Guardiamo ai nostri figli da un’altra prospettiva, agiamo resilienza! Cos’è la resilienza? È la capacità di essere flessibili al cambiamento, è ciò che ci permette di elaborare piani di azione efficaci. Il Covid-19 ci dà questa opportunità, un tempo per stare, un tempo di relazione con i nostri bambini che difficilmente riusciremo ad avere. Come possiamo agire resilienza in questo tempo? Attraverso un’educazione emotiva che diventerà una risorsa fondamentale per affrontare gli effetti che si verificheranno nei prossimi mesi.

I benefici di un’educazione emotiva

La capacità di emozionarci è innata ma la competenza emotiva va allenata, educata. Un bambino con una buona educazione emotiva saprà riconoscere i propri stati emotivi, non si sentirà inadeguato, riuscirà a conoscere e riconoscere le situazioni, quali sono le sue attivazioni corporee e saprà reagire in modo costruttivo alla situazione.

I benefici di una buona educazione emotiva sono indiscussi: consapevolezza di sé, autostima e fiducia in sé, empatia e abilità sociali.

Linee guida per i genitori

Ogni genitore è il miglior esperto del proprio bambino, perché è lui che lo conosce e in questo momento è la più grande risorsa in campo, poiché è l’unico modello emotivo in cui il bambino si può rispecchiare.

Che cosa può fare concretamente per sostenere i propri figli e allenarli a un’educazione emotiva?

  • Accogliere l’emozione, per entrare in sintonia empatica con i propri bambini: ciò che stai provando va bene, è normale. I bambini hanno il diritto di provare quello che stanno provando e solo con questo atteggiamento di accoglienza gli insegniamo a fare altrettanto.
  • Convalidare l’ emozione, per farli sentire il più possibile compresi. Attenzione, però: questo non significa essere permissivi, vanno accettate le emozioni, non i comportamenti negativi. Come convalidare l’emozione? Innanzitutto attraverso il rispecchiamento emotivo (sai, anche io mi sento triste quando…) e poi tramite un arricchimento del loro lessico emotivo di significato e di intensità (es. fastidio/rabbia/collera)
  • Contenere fisicamente, perché un bambino in preda a forti attivazioni fisiche è una bomba pronta ad esplodere e che dobbiamo contenere. Come? Innanzitutto diciamogli che lui non è sbagliato, è normale sentire quell’emozione ed è per quello che noi siamo li, per aiutarlo. Abbracciarlo finché il vortice emotivo non passa permette di contenere l’energia, il bambino si sente più rasserenato, (“non sono cosi cattivo se riesco a stare tra le braccia di mamma o papà”) e, inoltre,  quando abbracciamo il nostro bimbo per almeno 30 secondi attiviamo in lui gli ormoni del piacere che hanno  l’effetto di abbassare gli ormoni dello stress. Attenzione: il contenimento con l’abbraccio è da fare solo se riusciamo davvero ad essere più forti del bambino, che altrimenti percepirà che nemmeno il genitore è in grado di stare con lui quando si sente così.
  • Anticipare il rischio, perché se io conosco mio figlio so che cosa più facilmente lo porta alla crisi. La fame? Il sonno?
  • Allenare la neocorteccia, la parte del cervello preposta al ragionamento e al problem solving, nella quotidianità. Educare i bambini a fare cose da soli, come versarsi l’acqua nel bicchiere, risolvere delle cose senza anticiparli. Stimolarli all’immedesimazione attraverso i libri o le situazioni che capitano nella quotidianità (“E se tu fossi quella persona/personaggio come ti sentiresti? Che cosa faresti?”).
  • Riconoscere i propri limiti, perchè questo periodo mette tanto alla prova,  se un genitore va in crisi è importante che sappia fare un passo indietro:  allontanarsi fisicamente in un’altra stanza può essere una strategia. E se scappano reazioni verbali forti, quando ci si calma è importante chiedere scusa: dire ai bambini che non hanno sbagliato a tirare fuori quell’emozione, ma siamo stati noi a sbagliare  nel tirare fuori le nostre in quel modo.

Consigli per i genitori ai tempi del Covid-19

  • Non esporre i bambini a contatto diretto con le informazioni. I bambini non hanno strumenti per decodificarle, sono rivolte ad adulti, per cui non esporre alla fonte diretta. No ai numeri;
  • Usare un linguaggio semplice, comprensibile, accertarci che il bambino abbia capito che cosa sta succedendo e perché stiamo vivendo con queste limitazioni;
  • Non mostrarsi spaventati perché diventiamo automaticamente spaventanti. Questo non significa nascondere e reprimere le proprie emozioni, dobbiamo riuscire a condividere i nostri stati emotivi in maniera più strutturata e costruttiva (“Sai che anche io ho un po’ paura di questa situazione…”);
  • Mettere enfasi su ciò che di positivo c’è stato (“Però che bello poter stare insieme questo tempo…”);
  • Dare elementi su come poter gestire il dopo ;
  • Garantire gioco e libertà di espressione attraverso varie forme artistiche e la lettura di albi illustrati.
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#IORESTOACASA

SUGGERIMENTI PER GESTIRE LO STRESS LEGATO ALL’ISOLAMENTO E SALVAGUARDARE IL BENESSERE DURANTE L’EMERGENZA SANITARIA COVID-19

Ecco alcuni consigli per gestire i pensieri e le emozioni legate all’isolamento (tratto dal documento del Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Psicologi).

Gestire lo stress e sviluppare resilienza: per sviluppare resilienza occorre assumere un atteggiamento costruttivo, imparare ad organizzarsi restando sensibili ed aperti alle opportunità. Un atteggiamento resiliente permette di gestire meglio lo stress.

Riscoprire le proprie risorse: impariamo a rilassarci, ad annoiarci e soprattutto a riorganizzare il nostro quotidiano.

Ridare dignità ad ogni aspetto della giornata: stiamo fronteggiando una routine giornaliera completamente diversa e rallentata rispetto a quella solita; diamo ad ogni attività il giusto tempo e dignitià!

Gestire le emozioni negative: riconosciamo i vissuti emotivi per quello che sono, dando loro un nome. Applichiamo poi delle semplici tecniche di rilassamento (es. concentriamoci per 5-10 minuti su un respiro lento e regolare).

Aprire la mente all’altro…vicino: condividere le emozioni negative, amplificate in questo momento dalle limitazioni della libertà personale, ci permette di diventare maggiormente consapevoli e di prendere la giusta distanza.

Applicare il minimalismo digitale: i continui bombardamenti di informazioni dei social possono aiutarci a riflettere sul senso e sul valore che attribuiamo al mondo digitale. Qual è il migliore uso che possiamo farne per arricchire la nostra vita?

Lavorare da casa, come riorganizzare le proprie abitudini quotidiane: è importante per chi lavora attraverso smart working riorganizzare la propria giornata con limiti di tempo lavorativo e routine.

Non dimenticare l’attività fisica: l’attivazione fisica comporta benefici anche a livello psicologico. Anche in questa situazione cerchiamo di dedicare mezz’ora ogni giorno a qualche esercizio di stretching e corpo libero.

Socializza, adesso hai tempo per farlo: i social ci permettono di dedicare tempo alle amicizie e alle relazioni. L’aggregazione permette di distrarci allontanandoci dalla routine quotidiana e da qualche pensiero negativo!

Ascoltare i bambini…: spieghiamo ai bambini, in modo chiaro e sincero, ciò che sta accadendo per aiutarli a dare un senso a questa nuova realtà. Possiamo anche aiutarli ascoltandoli, stimolandoli ad accedere a fonti d’informazione ufficiali, ad utilizzare questo tempo per continuare i loro studi, anche se online, e approfittarne per lasciare libera la creatività.

…gli adolescenti…: puntiamo sulla responsabilità degli adolescenti! Diamo loro dei compiti in casa adatti alle loro capacità e ai loro talenti all’interno di un programma familiare condiviso, ricordandoci di lasciare anche degli spazi virtuali privati per la loro intimità. Parliamo e condividiamo le fatiche e i dolori, ascoltiamoli di più!

…e gli anziani: sono probabilmente la categoria più a rischio perché molti di loro si trovano ancor più soli e isolati di quanto avviene normalmente. È importante contrastare l’isolamento contattandoli per rallegrare il loro umore, aiutarli a trascorrere le giornate e a non “lasciarsi andare”. Sapere che le persone care non li hanno dimenticati aiuta a non perdere la speranza e la positività.

Un occhio di riguardo alla coppia: prendiamoci i nostri spazi e, allo stesso tempo, rispettiamo gli spazi dell’altro. La convivenza forzata può creare disagi, incomprensioni, discussioni; risolvere subito il problema è la giusta direzione per mantenere un clima sereno
in casa. Inoltre, avere un obiettivo condiviso può aiutare a sopportarsi e supportarsi di più.

Non dimenticare il tempo per il riposo: oltre all’attività fisica e a una corretta alimentazione, un fattore importante per il nostro benessere è il riposo. Concediamoci almeno un’ora per staccare e decomprimere a fine giornata in preparazione ad un sonno ristoratore.

Provare ad imparare nuove abitudini: è il momento di fare cose nuove e dedicarci a piccole attività che abbiamo dimenticato o procrastinato, ad esempio trascrivere i sogni appena
svegli!

Non vivere solo di coronavirus!: nonostante la realtà intorno a noi ce lo ricordi sempre, cerchiamo di spostare l’attenzione anche su altro per combattere il rimuginio.

Riflettere sulla gestione della paura…: la paura è un’emozione naturale che evolutivamente ci ha consentito di sopravvivere. Tuttavia in questi giorni, la paura spesso si trasforma in ansia, una spiacevole sensazione che anticipa e amplifica le conseguenze di alcuni pericoli che a mente lucida giudicheremmo innocui. Avere la “giusta” paura non solo è normale, ma ci protegge dal pericolo di essere contagiati e contagiare, spingendoci ad attuare tutte le misure preventive richieste dal Governo.

…ma anche smettere di pensare ad essa: è cruciale ritagliarsi momenti durante i quali non pensare all’emergenza, parlare e fare altro. Questo consente di mantenerci il più vicino possibile alla quotidianità e, soprattutto, di rivivere emozioni positive che permettono di contrastare gli effetti negativi dell’ansia e promuovere un approccio più proattivo e intraprendente.

Sforzarsi di ritrovare qualche aspetto positivo: sfruttiamo il tempo a disposizione per fare tutto ciò che abbiamo sempre rimandato! Re-impariamo ad organizzare la nostra giornata, dandole comunque un significato e uno scopo, trasformandola nell’occasione per scoprire
ciò a cui teniamo di più.

Dove posso trovare supporto psicologico?: tante sono le iniziative nate per sostenere la popolazione attraverso i supporti online. Anche noi dello Studio di Psicologia Origame ci siamo per fissare un colloquio e sostenere tutti in questo momento di grande angoscia, confusione e smarrimento. Inoltre, abbiamo deciso di aderire all’iniziativa #facciolamiaparte, mettendo a disposizione videoconsulti gratuiti per i medici e per tutti coloro che operano nel settore sanitario, .

Scrivici via mail all’indirizzo [email protected] oppure via whatsapp al numero 3383958123.

Infine, ricordiamoci di ringraziare chi, in questo momento, non ha la fortuna di poter stare a casa perché malato, perché impegnato a salvare vite o dedito a coltivare, produrre e vendere alimenti e beni di prima necessità per tutti noi!

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Le emozioni delle neomamme

Nei giorni e nei mesi successivi alla nascita di un bambino, l’attenzione di tutto il nucleo famigliare è concentrata sul nuovo arrivato. Come si sente? Ha mangiato abbastanza? Riesce a dormire un numero adeguato di ore?

E la mamma? Cosa prova? Ciò che spesso accade è la percezione di una differenza tra ciò che durante la gravidanza si è sentita dire o si è immaginata e ciò che si trova a provare dal momento che ha il suo piccolo tra le braccia.

Mentre tutta la famiglia è impegnata a manifestare la propria gioia e un certo senso di gratitudine, la mamma potrebbe trovarsi intrappolata in un sentimento di esclusione e di scarsa vicinanza affettiva in quanto impegnata ad affrontare non solo le gioie ma anche le fatiche che la nascita del bambino porta con sé.

Spesso non è facile condividere con il resto della famiglia i dubbi, le difficoltà e la stanchezza che si stanno provando, per timore che tali sentimenti non siano compresi poiché “non c’è niente di più bello del diventare mamma!”.

A ciò si potrebbe anche aggiungere la discrepanza tra la visione idealizzata della maternità e del post parto e ciò che invece poi ci si trova ad affrontare e a provare sulla propria pelle. Questo è un sentimento che accomuna la maggior parte delle donne.

 

Quali rimedi?

Il primo passo per non farsi travolgere da tutto ciò è prendere consapevolezza proprio di questi sentimenti negativi, che sono fisiologici.

Le ricerche ci dicono infatti che questa fase, caratterizzata da stanchezza, irritabilità, umore altalenante e sentimenti di ambivalenza nei confronti del bambino, accomuna l’80% delle neomamme (baby blues).

È una fase transitoria che, però, è opportuno non negare. Anzi, riconoscere l’esistenza di tali sentimenti e sensazioni è fondamentale per riuscire a elaborarli e, di conseguenza, superarli.

In seconda battuta risulta fondamentale non sminuire le sensazioni positive che la gravidanza e l’essere mamma portano con sé. È importante soffermarsi su quelle che possono essere delle piccole gioie, come sentire il bambino che si muove mentre si è in gravidanza o vederlo dormire tranquillo.

Non negare le sensazioni negative e imparare a riconoscere anche gli aspetti che ci gratificano e che ci permettono di alleggerire quanto stiamo vivendo, è un ottimo modo per colmare l’ambivalenza tipica di questo periodo che è il più denso di emozioni altalenanti che una donna si trova a vivere.

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