Vi invitiamo a leggere questo interessante spunto dello psicologo e
psicoterapeuta Matteo Lancini, che ha sintetizzato nella sua “Lettera agli
adolescenti nei giorni del coronavirus” la visione dell’attuale modello
educativo che molti adolescenti di oggi hanno ricevuto, facendone delle
accurate e puntuali critiche.
Care ragazze, cari ragazzi
in questo difficile momento è molto importante che
ognuno di noi si assuma nuove responsabilità, per sé,
per gli altri, per tutta la comunità. Proprio per questo abbiamo deciso di
scrivere un sermone che parta da noi, che parli di noi, risparmiandovi, almeno
in questa occasione, il solito discorsetto infantilizzante. È giusto
comunicarvi che, come è evidente, in questi ultimi anni noi adulti non siamo
stati in grado di assumerci le responsabilità necessarie a garantire a voi
giovani, e probabilmente anche ai vostri figli, un presente stabile e un futuro
non troppo fosco. Non lo abbiamo fatto perché eravamo e siamo cattivi, ma
perché una grande crisi di valori ci ha portato a privilegiare il
profitto, l’individualismo, l’audience, a concentrarci su un’etica
affettiva valida solo per la nostra famiglia, per il nostro caro piccolo
nucleo. Progressivamente ci siamo disinteressati degli altri, anche
dei figli degli altri, se non come soggetti che vi avrebbero invitati alle loro
festine di compleanno, a non farvi sentire soli, esclusi. Appena i figli
degli altri, i vostri compagni delle primarie, hanno iniziato ad avere
comportamenti non rispondenti alle nostre aspettative o mostrato difficoltà,
abbiamo subito pensato che vi avrebbero ostacolato nei processi di
apprendimento, li abbiamo considerati come dei disturbatori sulla strada della
vostra crescita e ci siamo lamentati con le maestre. Lo abbiamo fatto per
il vostro bene, convinti di darvi più possibilità, non comprendendo che i
bambini con più difficoltà sono una risorsa, aiutano ad avvicinarsi ai dolori e
agli inciampi della vita, contribuiscono alla crescita personale e valoriale,
non rappresentano qualcuno che ti fa rimanere indietro nel programma di
matematica. Abbiamo così contribuito, anche se con tutte le buone intenzioni,
a rendervi fragili e a non farvi comprendere l’importanza
della solidarietà, in primis per voi stessi, oltre che per gli altri.
Chi se lo poteva permettere, poi, vi ha portato in
giro per il mondo e pagato biglietti aereo, spingendovi a viaggiare ma
con il “cercapersona”, detto anche cellulare, in tasca e sotto
scorta degli adulti. Nessuna esperienza di vera autonomia perché, in realtà,
eravamo abitati da paure e paranoie su cosa vi sarebbe accaduto fuori casa, nel
mondo pericoloso, e così abbiamo chiuso cortili e giardinetti. A
proposito di responsabilità è giusto confidarvi un segreto: l’affissione della
scritta “vietato il giuoco del pallone” e la trasformazione dei cortili in box
per auto non è stata una vostra iniziativa, né dell’industria bellica dei
videogiochi e neanche dell’inventore di “Fortnite”. Sono stati provvedimenti di
responsabilità adulta, per proteggervi dai malintenzionati e per non vedervi
tornare a casa con sbucciature sulle ginocchia, per noi
diventate fonte di sofferenza intollerabile. Per questo vi accompagniamo
tutte le mattine a scuola e vi veniamo a prendere all’uscita, per proteggervi e
farvi capire che degli altri c’è poco da fidarsi.
Volevamo aiutarvi a far parte di un mondo che nel
frattempo, senza neanche accorgercene, stavamo distruggendo a forza di disboscamenti,
plastificazione e inquinamento atmosferico. Sempre sotto la nostra
responsabilità vi abbiamo anche più volte detto che non avreste trovato lavoro,
che sareste diventati più poveri di noi, e non era una
minaccia, ma ci siamo proprio impegnati a fare in modo che diventasse realtà.
Infatti, oggi, gli scienziati dell’economia confermano che ce l’abbiamo fatta.
Intanto, voi preadolescenti e adolescenti, così propensi a darci fiducia, ad
ascoltare i nostri consigli e a prendervi carico delle nostre
preoccupazioni, avete sostituito i pomeriggi che tutti noi
trascorrevamo per strada, in piazze virtuali e in battaglie molto meno violente
nelle conseguenze reali, perché virtuali appunto, di quelle che combattevamo
noi con fionde, cerbottane, miccette, pistole spara gommini, pallonate violente
in faccia agli amici. Epoche passate, in cui le ferite del corpo dei figli
erano meglio tollerate, al punto da essere all’ordine del giorno. A questo
punto però, sempre in nome della nostra responsabilità adulta, vi abbiamo detto
che questo vostro comportamento era da considerarsi esagerato, sconsiderato.
Così abbiamo deciso di comunicarvi che il vostro uso di internet,
smartphone, videogiochi e social network era smodato, anzi era
diventato una dipendenza. Il vostro utilizzo, non il nostro,
che avevamo iniziato a fotografarvi ancora prima della vostra nascita il giorno
dell’ecografia morfologica, per poi proseguire con centinaia di foto e video
per immortalarvi il giorno della recita dell’asilo, del primo
bagno al mare senza braccioli, della prima volta in un campo sportivo e in
qualsiasi occasione quotidiana ci sembrasse degna durante i primi dodici anni
delle vostre vite.
Come avete potuto vedere, negli ultimissimi anni tutti
i genitori, vedi chat di whatsapp, e tutte le istituzioni governate da noi
adulti hanno trasformato le proprie iniziative, attività culturali e produttive
in un prodotto che transita in qualche modo su internet e per questo, in modo
irresponsabile, abbiamo riversato su di voi i nostri dubbi sul
tipo di società che avevamo creato. Abbiamo così deciso che tutti
potessero utilizzare whatsapp, selfie e social network per riprendere il piatto
di pastasciutta o la propria presenza come politico alla sagra della salamella,
ma non voi, che dovevate, per il vostro bene, limitarvi nell’utilizzo dello
smartphone e dei videogiochi. Dovevate, appunto, perché ora che è arrivata
l’emergenza di questo virus, molte opportunità, e anche qualche speranza,
derivano proprio dall’utilizzo di internet. Siete stati voi, nelle primissime
fasi di chiusura delle scuole, con responsabilità e senso etico a
chiamare molti docenti e spiegare loro come fare. In alcuni casi avete
trasformato chat di battaglie in rete, in chat di classe amministrate
dall’insegnante di turno, in attesa che le scuole e le organizzazioni adulte si
attrezzassero.
Ora, quando abbiamo visto alcuni di voi, prima
dell’ordinanza più restrittiva di sabato 8 marzo, cercare conforto in
relazioni all’aperto, abbiamo iniziato a formulare ipotesi sulla vostra
irresponsabilità. Prima a casa eravate irresponsabili utilizzatori di internet,
ora, improvvisamente, irresponsabili untori trasgressivi dell’apericena,
incuranti della salute dei vostri nonni. Invece di divertirvi in giro per
Milano potevate almeno assalire i supermarket oppure
scapicollarvi verso una stazione ferroviaria per prendere un treno che vi
portasse nel vostro luogo di origine o a risiedere nella vostra seconda casa al
mare o in montagna. Per quanto abbiamo fatto fino ad ora per voi, non possiamo
chiedervi scusa perché eravamo animati davvero da buone intenzioni, anche se
ora abbiamo capito quante contraddizioni della società che
abbiamo creato abbiamo riversato su di voi. Ma per questa faccenda dei nonni,
desideriamo davvero scusarci.
Forse troppi di noi non vi conoscono e parlano alle
generazioni di giovani sulla base della propria esperienza individuale, ma chi
vi incontra da decenni sa quanto siate legati ai nonni. Molti di voi adorano
i nonni, hanno deciso o, hanno in programma, di tatuarsi sulla pelle,
per sempre, la data di nascita o della morte di chi vi ha cresciuto, mentre
vostra madre e vostro padre lavoravano. Un tributo affettivo che
renda indelebile il ricordo di chi vi ha accolto all’uscita dell’asilo e vi ha
accompagnato, prendendovi per mano, in molte delle vostre esperienze quotidiane
fino all’adolescenza, fatte di lacrime, sorrisi, carezze, sonnellini in
braccio. La morte del nonno o della nonna è per molti di voi
una enorme sofferenza, un dolore che cambia la vita e del quale sentite
l’esigenza di parlare nelle sedute con gli psicoterapeuti, oggi, molto più che
in passato. Abbiamo rischiato irresponsabilmente di amplificare lo
scontro generazionale, invece di appianarlo, peraltro non riconoscendo
che se c’era qualcuno che avrebbe avuto qualche motivo fondato per arrabbiarsi
un poco rispetto a quello che sta avvenendo siete proprio voi adolescenti. Ora,
però, abbiamo capito, abbiamo deciso di responsabilizzarci. Ora che le
direttive sono più chiare e che Milano è sempre più deserta, vi chiediamo di
aiutarci responsabilmente a gestire questo momento di enorme difficoltà e, una
volta superato, di aiutarci a costruire e consegnarvi un futuro
migliore. Aiutateci a capire cosa vi serve davvero, dateci consigli su
come migliorare la scuola e su come costruire una società meno individualista e
meno dipendente da internet. Una società dove la delusione e la sconfitta
possano essere accettate come parte integrante del processo di crescita
umana e affettiva, non negate con colpi di scena e azioni eclatanti
che ti trasformino da ultimo arrivato al Festival di Sanremo a protagonista
assoluto, il giorno dopo, dell’universo massmediatico. E chi era primo in
classifica, premiato dalle giurie? Ma chi se ne frega del merito, quel che
conta è l’audience, la popolarità! Da questo momento, responsabilmente vi
promettiamo di prestare molta più attenzione ai modelli di identificazione che
quotidianamente come adulti vi proporremo. Insieme possiamo farcela a
consegnarvi un futuro ambientale e relazionale migliore di quello presente. È
possibile, anzi probabile, che voi siate in grado di gestire il pianeta
e l’umanità in modo più responsabile e autorevole di quanto siamo
riusciti a fare noi.