Che cosa vuol dire essere genitori consapevoli? Come può la pratica della mindfulness aiutare nel quotidiano i genitori?

Iniziamo con il comprendere che cosa significa “mindfulness”. Attualmente non esiste una definizione operativa standard ufficiale del costrutto di mindfulness, sebbene la letteratura scientifica la definisca spesso come la consapevolezza momento per momento dell’esperienza, senza giudizio. I concetti chiave di questo approccio consistono nel raccogliere la mente e portarla su un oggetto, come preziosa risorsa per apprendere, tramite una pratica personale regolare, un nuovo modo di stare con la propria esperienza interna, che determina benefici fisici e psicologici significativi e duraturi. L’assunto di base consiste nell’imperfezione della vita che, caratterizzata per sua natura da mutevolezza, non permette di afferrare e trattenere i momenti di felicità, di per sé fugaci e transitori. Il buddhismo, in questo senso, sposa in modo spontaneo alcuni principi fondamentali della psicologia occidentale: Buddha, afferma: “Noi siamo ciò che pensiamo. Tutto ciò che siamo nasce dai nostri pensieri. Con i nostri pensieri costruiamo il mondo”.

La mindfulness porta con sé grandi benefici, poiché permette di accedere alla modalità dell’essere piuttosto che del fare, uscendo dai cosiddetti “piloti automatici” della mente e osservando la realtà come se la si vedesse per la prima volta, con la cosiddetta “mente del principiante”.

Genitorialità consapevole

Diventare genitori è un’eccellente occasione per fare esperienza della mutevolezza dell’esistenza umana e dell’impossibilità di controllare gli eventi. Per poter vivere le tensioni senza perdere l’equilibrio, infatti, ai genitori è richiesta una grande flessibilità e capacità di stare agganciati al momento presente: osservando con la “mente del genitore principiante” ciò che accade nel proprio mondo interiore e nella relazione, senza giudicare ciò che emerge o travisarlo con i filtri delle aspettative verso se stessi e i propri figli, è possibile osservare questi ultimi con occhi nuovi, cogliendo sfumature nuove e riconoscendo loro la sovranità che li caratterizza, ovvero la loro unicità.

Stare a contatto con ciò che si prova senza rifiutarlo, consente di agire in modo consapevole senza essere guidati dall’intensità dell’emozione suscitata dai figli in un dato momento, che spesso a posteriori provoca delusione verso se stessi e un senso di incoerenza rispetto ai propri valori personali e modelli genitoriali. Accettare e stare nel momento presente richiede uno sforzo intenzionale che va rinnovato con motivazione, ma che consente di assumere un atteggiamento attivo nei confronti dei propri vissuti.

In questa prospettiva, è fondamentale coltivare la compassione verso se stessi e gli altri, imparando a rinunciare alle aspettative di perfezione, riparando il rapporto con i figli attraverso le scuse, se necessario, e prendendosi cura di se stessi in quanto persone che, divenute genitori, non devono dimenticare che la cura dell’altro passa attraverso la cura di sé.

La mindfulness nella relazione genitore-bambino

Le competenze di autoregolazione emotiva del bambino dipendono in larga misura dalle risposte genitoriali ai suoi bisogni, che si esprimono sia nei processi di riparazione attiva che l’adulto mette in atto in caso di disregolazione affettiva del figlio, sia nello stato mentale della figura di riferimento, sul quale influiscono le relazioni di attaccamento primarie (quelle intrecciate a sua volta con i suoi genitori) che si riattivano nel momento in cui questi diviene genitore. Infatti, i genitori, in modo automatico e inconsapevole, tendono a ripetere gli schemi disfunzionali a cui sono stati esposti da bambini, in particolare in caso di forte attivazione emotiva e in situazioni che richiamano esperienza vissute nella propria infanzia dai loro genitori.

La mindfulness può essere efficace nel favorire la rottura del ciclo di trasmissione di schemi e abitudini disfunzionali tra genitori e figli, prevenendola attraverso l’allenamento alla consapevolezza e al riconoscimento dell’attivazione delle  modalità cognitive soggettive. In tal modo, i genitori potranno riconoscere l’attivazione degli schemi mentali legati ai propri modelli genitoriali, senza attuarli inconsapevolmente nella relazione con i figli.

Allenarsi a identificare e riconoscere le proprie emozioni aumenta efficacemente anche la capacità di autoregolazione nella relazione genitoriale, che si rispecchia in un maggior senso di padronanza emotiva e di coerenza con i propri obiettivi e valori personali, a scapito di comportamenti reattivi e punitivi elicitati dalle emozioni manifestate dal bambino.

Di nuovo, appare trasversale a ogni pratica di mindfulness l’atteggiamento emotivo orientato a coltivare e sviluppare compassione verso se stessi e il figlio, abilità che consentono di alimentare affetti positivi nella relazione, aiutando il genitore a riconoscere i propri sforzi a divenire più tollerante verso se stesso, qualora i propri obiettivi genitoriali non vengano raggiunti.

 

 

Riferimenti bibliografici:

Bardacke N., Mindful Birthing: training the mind, body and heart for childbirth and beyond (2012)

Kabat-Zinn J., Kabat-Zinn M., Il genitore consapevole (1997)

Lambruschi F., Lionetti, F., La genitorialità: strumenti di valutazione e interventi di sostegno (2015)