La sindrome da Burnout, termine inglese con cui ci si
riferisce all’esaurimento professionale (letteralmente“fuso”), è una condizione
sempre più frequente legata ad un insuccesso nel processo di adattamento
lavorativo. E’ un disturbo dilagante nel mondo occidentale, sempre più esigente
a livello di prestazioni, tecnologizzato, iperveloce, iperattivo e
iperconnesso.
Se a inizio 1900 il termine burnout compariva prevalentemente
nel mondo dello sport, a partire dagli anni ’80 la psichiatra statunitense Christina Maslach l’ha allargato alla sfera
lavorativa per evidenziare un disagio
che colpisce le professioni in cui prevalgono le relazioni interpersonali e
sono spesso legate all’aiuto del prossimo (medici, infermieri, assistenti
sociali, psicologi, poliziotti, vigili del fuoco, volontari…). Nel tempo, tra
le categorie di lavoratori a rischio, sono state incluse anche quelle in cui si
è spesso a contatto con il pubblico (centralinisti, , impiegati, segretari,
insegnanti avvocati).
Sintomatologia e
manifestazione
È una sindrome multifattoriale caratterizzata da un rapido
decadimento delle risorse psicofisiche e da un peggioramento delle prestazioni
professionali.
La sintomatologia è varia si presenta a livello fisico e
psicologico.
Sintomi fisici:
• Affaticamento
• Disturbi
gastrointestinali
• Mal di testa
• Respiro corto
• Insonnia
• Perdita di
peso
• Frequenti
influenze
Sintomi psicologici:
• Ansia
• Ridotta
efficacia professionale
• Disinteresse
per i rapporti interpersonali
• Disistima
• Rabbia
• Sensazione di
fallimento
• Colpa
• Stanchezza
• Isolamento
• Negativismo
Il burnout appare come l’esito patologico di un processo
stressogeno che colpisce le persone che lavorano nel momento in cui le stesse
non siano in grado di reagire e rispondere in maniera adeguata ai carichi
eccessivi di stress a cui la mansione svolta espone.
Il processo che porta all’esaurimento sembra strutturarsi in
tre fasi:
- Fase dello stress: si inizia ad avvertire un
primo livello di stress lavorativo che mette in evidenza uno squilibrio tra le
richieste provenienti dal contesto lavorativo e le risorse personali
disponibili. - Fase dell’esaurimento: di fronte allo stress
l’organismo produce una risposta emotiva immediata e transitoria connotata da
ansia, irritabilità, fatica e tensione costante. - Fase di difesa: la tensione accumulata nel tempo
aumenta e ci si difende con atteggiamenti e comportamenti caratterizzati da
cinismo, rigidità e distacco emotivo.
Chi attraversa queste fasi che portano all’esaurimento
sperimenta un graduale passaggio da una condizione di “entusiasmo realistico”
in cui prevalgono idealismo ed elevate aspettative sul proprio ruolo nel
contesto lavorativo, ad una condizione di “stagnazione e demotivazione” in cui
prevale la percezione che il proprio investimento psicofisico non sia
sufficiente a condurre ai risultati attesi, ad un’intollerabile sensazione di
“frustrazione” che, infine, conduce ad una condizione di “apatia”,
caratterizzata da un graduale disimpegno emozionale.
Cause
Cosa porta ad una simile condizione di esaurimento
psicofisico?
Diverse sono le situazioni lavorative che innescano il
processo tensivo che conduce alla sindrome di burnout:
- Struttura organizzativa: distribuzione dei
compiti e delle funzioni all’interno di un’organizzazione - Scarsa chiarezza nei ruoli: insufficienza di informazioni
in relazione ad una determinata posizione - Conflitto di ruoli: esistenza di richieste che
il lavoratore ritiene incompatibili con il proprio ruolo professionale - Sovraccarico: un eccessivo carico di lavoro o
un’eccessiva responsabilità, che non permettono al lavoratore di portare avanti
una buona prestazione lavorativa - Mancanza di stimolazione: monotonia della
mansione assegnata
Fattori di rischio e
fattori protettivi
Tra i fattori di rischio per lo sviluppo di sindrome
da burnout si possono rintracciare fattori individuali, legati a caratteristiche
personologiche, e fattori situazionali, legati a struttura e organizzazione del
luogo di lavoro.
- Fattori individuali:
- ambizione
- aggressività
- iperattività
- ostilità
- motivazione
- aspettative personali
- Fattori situazionali:
- mancanza di comunicazione
- leadership inefficace
- formazione inadeguata
- sovraccarico lavorativo
- imprevedibilità nei compiti
- relazioni conflittuali tra colleghi
- retribuzione inadeguata
- mancanza di feedback positivo
I fattori protettivi, d’altro canto, seppur in presenza
di un elevato numero di fattori di rischio, consentono al lavoratore di
smorzare l’effetto negativo dei primi segnali di disagio, promuovendo una nuova
visione della situazione e una ristrutturazione emotiva.
Fondamentali risultano:
- Supporto sociale
- Ascolto attivo
- Comunicazione efficace
- Formazione continua
Strategie
Lo stress cronico da lavoro difficilmente si risolve con una
semplice pausa o con una vacanza, ma si può combattere prima di arrivare ad un
punto di non ritorno. Essenziale è, in primis, riconoscere i segnali di uno
stress eccessivo che arreca
insostenibili malesseri psicofisici. Spesso la prima e istintiva risposta messa
in atto risulta assentarsi frequentemente dal lavoro o essere distratti e
svogliati. Consapevoli che questo approccio difficilmente può portare ad un
cambiamento della situazione stressogena, o della propria sensazione di
disagio, occorre provare a muovere passi in altre direzioni:
- porsi degli obiettivi realmente raggiungibili;
- staccare la spina prendendo per sé tanti piccoli
momenti di pausa, anche quando si è impegnati in compiti a cui non ci si può
sottrarre; - fare una lista di piccole cose da fare, da
spuntare man mano che si portano a termine nel corso della giornata; - non isolarsi;
- considerare le altre persone come una risorsa:
condividere loro le proprie emozioni è un modo per dare loro una forma e
chiarirle anche a se stessi; - lavorare, quando è possibile, in modalità
smartworking dà la possibilità di svolgere i propri compiti nello spazio in cui
ci si sente più a proprio agio e di diminuire la frequenza di esposizione a
fonti stressanti.